Le 5 E dell'energia


Il concorso
Ai ragazzi verrà richiesto di esplorare il mondo dell’energia scegliendo di approfondire una tra le sue molteplici dimensioni, razionalizzate in cinque ambiti: le 5 “E” dell’energia.
Le classi che partecipano in tutta Italia al progetto “Il Quotidiano in Classe” dovranno realizzare un’intervista/reportage/inchiesta su uno dei cinque temi indicati, con il possibile coinvolgimento di parenti, amici e/o concittadini.
L’obiettivo finale del concorso è accompagnare i ragazzi, aiutandoli a coprendere meglio il concetto di transizione energetica che punta ad un modello di sviluppo sostenibile, che non lascia indietro nessuno.
Bando 2022/2023
L'Osservatorio Permanente Giovani - Editori in collaborazione con Enel promuove il Concorso "Le 5 E dell’energia" aperto agli studenti di tutte le classi delle scuole superiori di secondo grado che partecipano al progetto "Il Quotidiano in Classe”.
Le classi iscritte al concorso devono esplorare il mondo dell’energia scegliendo di approfondire una tra le seguenti dimensioni:
Ecopreneur. L’imprenditore che combina la consapevolezza ambientale con la propria attività professionale nel tentativo di promuovere una trasformazione dell’economia in una direzione più rispettosa dell’ambiente.
Affordable and clean Energy: SDG n.7
Energy Transition
Energy poverty: che cos'è, come si combatte
Educazione 'energetica'. L’educazione a un consumo energetico responsabile rappresenta un elemento chiave, non solo al fine di un risparmio economico, ma anche quale contributo a uno sviluppo più sostenibile da un punto di vista ambientale
Gli studenti dovranno realizzare su una o più delle tematiche sopra citate: interviste singole, oppure a piccoli gruppi, inchieste o reportage da svolgere sul territorio in cui vivono coinvolgendo amici, parenti o concittadini.
L’elaborato finale dovrà essere inviato all’indirizzo elaborati@osservatorionline.it entro il 5 giugno 2023.
Per ulteriori informazioni si consulti il regolamento.
Regolamento 2022/2023
1. Possono partecipare al Concorso tutte le classi delle scuole superiori di secondo grado, iscritte al progetto "Il Quotidiano in Classe" per l'anno 2022/2023.
2. Gli studenti interessati a partecipare al Concorso devono scegliere per ogni elaborato un argomento tra i cinque proposti nel Bando.
3. I docenti referenti delle classi che hanno lavorato alla realizzazione dell’elaborato devono inviare i lavori degli studenti entro il 1 giugno 2023.
4. La Giuria del Concorso individuerà, a proprio insindacabile giudizio, i finalisti che si saranno distinti per la qualità degli elaborati. I vincitori saranno proclamati nel corso della Cerimonia di premiazione.
5. Non potranno essere ammessi al Concorso studenti parenti degli organizzatori del Concorso stesso.
NOTA BENE
È responsabilità della scuola informare, ed ottenere il consenso, dei genitori degli studenti minorenni relativamente la partecipazione al suddetto concorso e all’invio di materiali video e/o fotografici ritraenti gli alunni, se tale modalità è prevista dal Bando del concorso.
Per ulteriori informazioni si consulti il bando.
Le 5 E dell'Energia, di Caterina Bracchi
L’energia ci viene insegnata a scuola prevalentemente come misura fisica e questione tecnica, legata agli sviluppi dell’ingegneria su come produrla e consumarla. Ma sempre di più il tema dell’energia è entrato nel dibattito pubblico e politico, legato ad una serie di sfide che la società contemporanea è chiamata ad affrontare. Ci si rende allora sempre più conto di come, ai fattori fisici e tecnologici, si debbano necessariamente affiancare le questioni sociali. L’energia è certamente un fattore fisico che influenza, e determina, le nostre vite. Ma allo stesso modo, i nostri comportamenti, le nostre idee e percezioni influenzano il modo in cui il settore dell’energia si è sviluppato nel corso dei secoli e si svilupperà da qui in poi. In tempi recenti il consumo e la produzione di energia sono al centro di tematiche di rilevanza globale, con un’urgenza crescente per la necessità di affrontarle. I cambiamenti climatici, la riduzione delle emissioni, la transizione ad un modello di sviluppo più sostenibile ed equo, e non da ultimo la sicurezza geopolitica internazionale, sono tutte questioni tra loro interconnesse che passano inevitabilmente per il tema dell’energia. Il bisogno di cambiamento che queste sfide ci impongono non può essere affrontato come una semplice questione tecnica e tecnologica, ma richiede prima di tutto un cambiamento nella mentalità, nei comportamenti, nei valori. Insomma, una transizione che è prima di tutto nella, della e per la società. In questo senso, J. Urry, sociologo di fama internazionale, sottolinea in particolare in riferimento all’energia un importante aspetto, ovvero che “la società costituisce sia l’origine del problema che la soluzione” (Urry, cit. in Magnani 2018, p. 9). E con questo spirito vanno affrontante queste sfide.
Sviluppo sostenibile, cambiamenti climatici: Quale ruolo dell’energia?
Il concetto di sviluppo sostenibile, coniato dalla World Commission on Environment and Development nel rapporto Our Common Future (Brundltand 1987) – anche conosciuto come Rapporto Brundtland –, ha messo in luce a partire dagli anni ’80 del secolo scorso come il miracoloso progresso economico della seconda metà del 1900 non sia andato di pari passo con uno sviluppo altrettanto giusto o equo. Al contrario, nonostante l’incredibile crescita economica del secolo scorso abbia portato importanti miglioramenti nella qualità della vita e nel benessere delle persone, i vantaggi non sono stati equamente distribuiti né a livello geografico, né tantomeno a livello sociale e anzi le esternalità negative, sia a livello sociale che ambientale, hanno comportato un inasprirsi delle disuguaglianze, soprattutto in chiave intergenerazionale.
In questo quadro si pone certamente il tema dei cambiamenti climatici, quella che potremmo definire anche come la più grande esternalità negativa delle attività antropiche a partire dalla rivoluzione industriale, provocata principalmente dalla scoperta delle fonti fossili di energia, come carbone, petrolio e gas naturale. Il tipo di energia prodotta da fonti fossili, avvenendo prevalentemente attraverso combustione, libera grandi quantità di gas che hanno la capacità di “intrappolare” l’energia solare all’interno dell’atmosfera, e in concentrazioni eccessive questo provoca un innalzamento della temperatura media sulla Terra. Per questa loro caratteristica, questi gas – tra cui il principale è l’anidride carbonica (CO2) – vengono definiti gas serra. Ecco allora come l’utilizzo massiccio di fonti fossili di energia negli ultimi due secoli (e che rappresentano ancora oggi l’80% dell’energia prodotta, e il 75% delle emissioni a livello globale di gas serra) (Tagliapietra 2020), sia da ritenere il principale fattore che ha comportato un innalzamento delle concentrazioni di anidride carbonica (CO2) e altri gas serra nell’atmosfera, fino ad arrivare ad oggi in cui possiamo purtroppo toccare con mano gli effetti dei cambiamenti climatici.
Ma è almeno a partire dalla Conferenza delle Nazioni Unite sull'ambiente e lo sviluppo tenutasi a Rio de Janeiro nel 1992, che la comunità internazionale ha sviluppato un consenso sulla minaccia rappresentata dai cambiamenti climatici per la società umana e gli ecosistemi naturali. A questo consenso non v'è dubbio che il primo rapporto pubblicato nel 1990 dall'IPCC (Gruppo intergovernativo di esperti sul cambiamento climatico – il principale organismo internazionale per la valutazione dei cambiamenti climatici) abbia fortemente contribuito. Dagli anni '90 del secolo scorso le cose sono cambiate rapidamente, sia dal punto di vista ambientale che socio-politico, e i rapporti dell’IPCC non hanno fatto che diventare più allarmanti. Iniziative più recenti e influenti a livello globale riaffermano con maggiore enfasi la minaccia rappresentata dai cambiamenti climatici, e la necessità, non più posticipabile, di affrontarli attraverso strategie di mitigazione e adattamento, che richiedono l’impegno di tutti. Proprio le strategie di mitigazione sono il motore che spinge la transizione energetica, che – come si vedrà nel dettaglio – si esprime attraverso la contemporanea riduzione delle emissioni passando da fonti energetiche fossili a fonti rinnovabili, e il miglioramento delle prestazioni energetiche nei settori più energivori (come industria, trasporti e residenziale). Ma perché la transizione energetica possa avere successo, così come la transizione ad un modello più sostenibile, l’impegno, la presa di coscienza e la responsabilizzazione di ognuno è fondamentale. Questo è ciò che sta alla base del concetto di educazione energetica, un fattore fondamentale per il successo delle politiche internazionali in ambito energetico e di riduzione delle emissioni.
Sviluppo sostenibile, cambiamenti climatici: Quale ruolo della società?
Come già accennato, però, la transizione ad un modello di produzione dell’energia più sostenibile è certo una questione tecnica, ma che non può prescindere da una contemporanea transizione della società. Come ricorda Papa Francesco nella Lettera Enciclica Laudato si’, uno dei più importanti manifesti ecologisti di cui disponiamo:
“Non ci sono due crisi separate, una ambientale e un’altra sociale, bensì una sola e complessa crisi socio-ambientale. Le direttrici per la soluzione richiedono un approccio integrale per combattere la povertà, per restituire la dignità agli esclusi e nello stesso tempo per prendersi cura della natura” (Francesco 2015, n. 139).
È questa la logica del concetto di ecologia integrale, ma anche di sviluppo sostenibile, riaffermato con grande enfasi in uno degli impegni internazionali più rilevati degli ultimi anni, l’Agenda 2030 per lo Sviluppo Sostenibile. Sottoscritta nel settembre 2015 da 193 Paesi membri dell'ONU, essa comprende 17 obiettivi di sviluppo sostenibile (Sustainable Development Goals – SDGs) da realizzarsi entro il 2030. Si tratta di “un programma d’azione per le persone, il pianeta e la prosperità” da raggiungere attraverso “il rafforzamento della pace universale”, che riconosce come “sradicare la povertà in tutte le sue forme e dimensioni, inclusa la povertà estrema, [sia] la più grande sfida globale ed un requisito indispensabile per lo sviluppo sostenibile” (United Nations 2015, Preambolo).
Con riferimento al tema dell’energia, quindi, non si può prescindere dal considerare le implicazioni di giustizia ed equità legate all’accesso e al consumo di energia. Proprio su questa tematica è stato pensato l’SDG 7Energia pulita e accessibile. Assicurare a tutti l'accesso a sistemi di energia economici, affidabili, sostenibili e moderni dell’Agenda 2030, che subito nel suo primo Target si propone di “garantire l'accesso universale ai servizi energetici a prezzi accessibili, affidabili e moderni”. Quello che può sembrare scontato per la maggioranza di noi, l’accesso all’elettricità e all’energia per riscaldare e raffreddare le nostre case, per cucinare e per spostarsi, è invece un problema globale (ma anche italiano) tutt’altro che risolto. Il tema della povertà energetica riguarda secondo l’International Energy Agency attualmente 1.18 miliardi di persone – ovvero il 16% della popolazione mondiale, che non ha accesso all’elettricità.
Conclusione
Ecco allora che le questioni di giustizia ed equità legate alle grandi, urgenti sfide del nostro tempo, del nostro ambiente e della nostra società dovrebbero portarci a realizzare che l’impegno del cambiamento è una responsabilità di ciascuno di noi. Nessuno mette in discussione il ruolo delle organizzazioni internazionali, che come si è visto hanno adottato accordi e impegni di portata storica, ne tantomeno il ruolo dei governi nazionali, che possono e devono aiutare i propri cittadini in questo percorso di transizione epocale. Ma è certo che anche ogni singolo individuo può, e deve, fare la differenza per ridurre i consumi, per aiutare il prossimo e per sostenere la Terra che abita. Molti sono i modi per poterlo fare, e quello di diventare un ecopreneurimpegnandosi in attività di imprenditoria sostenibile, ovvero basando il proprio modello di business su principi di sostenibilità e non solo di mero profitto economico, può essere uno strumento vincente per tutti – attraverso cui garantirsi anche la sostenibilità economica.
Bibliografia di riferimento
Brundtland, G. (1987). Report of the World Commission on Environment and Development: Our Common Future. United Nations General Assembly document A/42/427.
Francesco (2015). Lettera Enciclica Laudato si’. Sulla cura della casa comune. Città del Vaticano: Libreria Editrice Vaticana.
Magnani, N. (2018). Transizione energetica e società. Temi e prospettive di analisi sociologica. Milano:FrancoAngeli.
Tagliapietra, S. (2020). L’energia del mondo. Geopolitica, sostenibilità, Green New Deal. Bologna: il Mulino.
UNFCC (2015). The Paris Agreement. https://unfccc.int/sites/default/files/resource/parisagreement_publication.pdf
Ecopreneur, di Caterina Bracchi
Introduzione
Il concetto di ecopreneur può essere tradotto anche come imprenditore/imprenditoria sostenibile, verde, ecologica o sociale, a seconda della diversa attenzione dedicata agli aspetti non strettamente economici dell’attività d’impresa.
La figura dell’ecopreneur nasce in parallelo al concetto di sviluppo sostenibile, coniato dalla World Commission on Environment and Development nel rapporto Our Common Future (WCED 1987), e che a partire dagli anni ’80 del secolo scorso ha cominciato a mettere in luce come il miracoloso progresso economico della seconda metà del 1900 non sia andato di pari passo con uno sviluppo altrettanto giusto o equo. Al contrario, nonostante l’incredibile crescita economica del secolo scorso abbia portato importanti miglioramenti nella qualità della vita e nel benessere delle persone, i vantaggi non sono stati equamente distribuiti né a livello geografico, né tantomeno a livello sociale e anzi le esternalità negative, sia a livello sociale che ambientale, hanno comportato un inasprirsi delle disuguaglianze, soprattutto in chiave intergenerazionale.
È proprio la prospettiva delle generazioni future di poter godere di un ambiente e una società sani la chiave di lettura principale del concetto di sviluppo sostenibile, che attraverso l’integrazione delle preoccupazioni sociali ed ambientali, oltre che di quelle economiche, cerca di promuovere un tipo di sviluppo più attento alle esigenze di tutti e quindi più giusto. In questo quadro ci si è presto resi conto di come l’azione per uno sviluppo più sostenibile debba venire da tutti, non solamente dai governi, ma anzi che il ruolo degli attori privati è di primaria importanza. Secondo molti studiosi e policy maker, in particolare le imprese, quali attori principali dello sviluppo economico, possono fungere da catalizzatori per uno sviluppo che sia nel complesso più sostenibile.
Una definizione chiara e concisa?
Una definizione ampiamente utilizzata è quella proposta da Kirkwood & Walton (2010) e sottolinea come l’ecopreneurnon sia altro che un imprenditore che basa il proprio modello di business sui principi di sostenibilità.
L’idea di fondo del concetto di imprenditoria sostenibile è che l’attenzione dei processi produttivi finora volta principalmente, se non esclusivamente, al profitto economico, abbia portato con sé una serie di conseguenze ambientali (come distruzione degli ecosistemi, inquinamento e cambiamento climatico) e sociali (povertà, rischi per la salute umana, disoccupazione), che a loro volta starebbero portando a sempre più gravi conseguenze economiche e fallimenti di mercato. Il ruolo dell’ecopreneur è quindi quello di saper riconoscere questi fallimenti ed errori, sia economici, che sociali ed ambientali, per tradurli in idee imprenditoriali sostenibili, attraverso innovazione.
L’imprenditoria sostenibile si basa su di un’attenta analisi e sfruttamento delle possibilità economiche derivanti dal miglioramento delle condizioni sociali ad ambientali che la società contemporanea si trova ad affrontare, rendendole opportunità di business, nel senso tradizionale del termine. In questa tipologia di impresa ciò che cambia è la motivazione e l’obiettivo generale dell’imprenditore, non più focalizzato solamente a massimizzare il profitto per sé e per gli azionisti, ma a massimizzare il valore, sociale, ambientale, e naturalmente economico, derivante dalle attività di impresa. Si tratta quindi di un cambio di paradigma e di business model, che si basa sui principi della sostenibilità e valori etici.
Gli imprenditori che operano in ambito di sostenibilità possono focalizzarsi certo in settori quali conservazione della vita, dell’ambiente e promozione del lavoro, ma possono anche operare nel settore della produzione di prodotti, servizi o processi “più tradizionali”. Ciò che cambia è la natura innovativa di questi prodotti, servizi o processi, il cui obiettivo è appunto quello di generare valore non solo in termini economici, ma anche sociali ed ambientali, eticamente orientato.
Tipologie di Imprenditori Sostenibili ed Ecopreneurs (Trabattoni 2021)
Nella lessico comune, così come nella letteratura specialistica, alle volte si tende ad accomunare diverse tipologie di attività imprenditoriale eticamente orientata sotto diversi termini, spesso utilizzati come sinonimi, anche se celano alcune differenze, che è bene sottolineare in questa sede. In breve, il termine imprenditore sostenibile potrebbe essere utilizzato come contenitore principale, in cui racchiudere alcune tipologie più specifiche come imprenditore sociale, imprenditore ambientale o ecopreneur, come rappresentato in Figura 1.

Figure 1: Sustainable entrepreneurship secondo Young & Tilley (2006), in Trabattoni (2021, p. 1063).
Nel modello in Figura 1 si può vedere come l’obiettivo principale, o mission, di diverse tipologie di imprenditoria aggettivata (sociale, economica, ambientale) possa essere principalmente uno, mentre obiettivo dell’imprenditoria sostenibile dovrebbe essere quello di riuscire a combinare tutti e tre questi aspetti, sociale, economico e ambientale in una unica mission aziendale.
Una definizione più precisa di ecopreneur può essere allora quella di imprenditoria socialmente motivata, che cerca di risolvere problematiche prevalentemente ambientali, attraverso la trasformazione del sistema entro cui opera (Isaak 1997). L’obiettivo principale è quello di generare valore economico risolvendo le principali problematiche ambientali, attraverso la creazione di nuovi mercati e business model, che si basano su prodotti e servizi innovativi. Alcuni esempi ne possono essere l’educazione e la comunicazione dei valori ambientali, la promozione del riciclo e riutilizzo delle materie prime (si veda sotto l’approfondimento su Economia Circolare), la definizione di nuovi diritti per i beni ambientali comuni da proteggere, ecc… (Trabattoni 2021). In generale, l’ecopreneurship si differenzia dall’imprenditoria sociale in quanto considera come suo primario obiettivo non tanto la salvaguardia e il sostentamento delle comunità umane di riferimento, quanto la protezione e rigenerazione dell’ambiente naturale – anche se in molti casi si può comunque riscontrare in questo tipo di attività un’attenzione particolare ai lavoratori, ma anche alla comunità umana nel suo insieme.
Queste tipologie vanno quindi certo studiate e analizzate con interesse, ma i dati sulle imprese sostenibili dimostrano sempre di più come sia difficile (e alle volte anche poco utile) creare delle definizioni nette e delle linee di demarcazione troppo rigide tra una tipologia e un’altra. Sono utili riferimenti, da non considerare però come valori assoluti, soprattutto se si pensa che inevitabilmente un miglioramento delle condizioni dell’ambiente e della biodiversità è un miglioramento per il benessere della salute umana e della società in generale.
Approfondimento: Ecopreneurs e Circular Economy
Un ambito di particolare interesse per le imprese e gli imprenditori sostenibili è certamente quello della Circular Economy, o economia circolare, che si pone come paradigma produttivo in diretto contrasto con il modello attuale di economia lineare. Il sistema produttivo lineare prevede che si estraggano dalla Terra le materie prime necessarie alla produzione di beni, queste vengano poi trasformate in prodotti, utilizzati per un breve periodo ed infine dismessi come rifiuto. Al contrario, il modello di economia circolare prevede che queste materie e prodotti non divengano mai rifiuto, un po’ come nei processi biologici naturali, per cui ogni materia nel momento in cui ha finito di assolvere alla propria funzione principale, diventa la materia prima per un diverso ciclo. Si pensi all’esempio più semplice delle foglie, che una volta finito di sintetizzare anidride carbonica e ossigeno per la pianta attraverso la fotosintesi, si staccano e cadendo sul suolo non diventano rifiuto, bensì esse possono fungere sia da nutrimento per alcune specie, che andare ad aggiungere materia organica per l’humus e il suolo. In natura tutti i processi sono circolari, obiettivo dell’imprenditore che voglia applicare l’economia circolare alla propria impresa è quello di seguire questa logica, attraverso tre principi che stanno alla base del design di prodotti e processi in un’economia circolare[1]:
- Eliminare rifiuti e inquinamento;
- Far circolare prodotti e materie;
- Rigenerare la natura.
La logica di fondo di un imprenditore che voglia adottare strategie di economia circolare è quella di disaccoppiare l’attività economica dal consumo ed esaurimento delle risorse naturali, che sono un valore finito. Il tutto nel tentativo di rispondere alle grandi sfide ecologiche del nostro tempo, quali cambiamento climatico, perdita di biodiversità, rifiuti e inquinamento.
Bibliografia
Kirkwood, J. & Walton, S. (2010). What motivates ecopreneurs to start businesses?, Int. J. Entrep. Behav. Res., 2010(16), pp. 204–228.
Isaak, R. (1997). Globalisation and green entrepreneurship. Greener Management International, pp. 80–90.
Trabattoni, A. (2021). Sustainable Entrepreneurship: Definition and Types, in: Filho, W.L., Azul, A.M., Brandli, L., Salvia, A.L. & Wall, T. (2021). Industry, Innovation and Infrastructure, Springer Cham, pp. 1060-1071.
[1] Secondo la Ellen MacArthur Foundation, uno dei think tanks più accreditati al mondo per quanto riguarda ricerca ed educazione in tema di economia circolare. https://ellenmacarthurfoundation.org/topics/circular-economy-introduction/overview
Educazione Energetica, di Caterina Bracchi
Partire dai cittadini per la transizione ad un’energia più sostenibile
Il tema dell’energia per la società è centrale, soprattutto in un periodo come quello che stiamo affrontando caratterizzato da diverse crisi che riguardano l’energia come fattore centrale. La sfida del cambiamento climatico, così come la crisi economica derivante dalla pandemia, e soprattutto l’attuale crisi geopolitica scatenata dall’invasione russa in Ucraina, sono tutti elementi che concorrono a porre il tema dell’energia al centro del dibattito quotidiano, colpendo ogni singolo cittadino. Temi di povertà energetica, transizione energetica, sicurezza energetica sono centrali per capire il mondo che ci circonda, ma anche e soprattutto per riuscire ad affrontarlo in un momento di grave difficoltà economica. La sfida della transizione ad un mondo più sostenibile e giusto riguarda tutti, e tutti saranno in grado di affrontarlo e apportare il proprio contributo con le giuste conoscenze. Proprio questo è il tema centrale dell’educazione energetica, ovvero l’alfabetizzazione della popolazione sia ai temi più tecnici e fisici riguardanti l’energia, che a tutto ciò che ne consegue dal punto di vista socio-economico per le scelte negli stili di vita dei singoli. Educare all’energia significa creare consapevolezza nei cittadini del loro enorme potere e responsabilità, sia per riuscire a ridurre il rischio sempre più alto di trovarsi in situazioni di povertà energetica, sia per sostenere la transizione ad una società più sostenibile ed equa.
“[C]hiunque può apportare il proprio contributo, riuscendo così, collettivamente, a fare veramente la differenza: tale contributo è un utilizzo più efficiente dell’energia” (DG Energia e Trasporti, Commissione Europea 2006, p. 1). Un uso più efficiente dell’energia comporta una riduzione nei consumi, e soprattutto nei costi per questa fondamentale voce di spesa dei cittadini. Ma per poterne fare un uso efficiente è necessario possedere gli strumenti, ed essere messi nella condizione di poter fare scelte consapevoli in un settore di cui, invece, tradizionalmente si sa molto poco. Piccole azioni come la scelta di elettrodomestici più efficienti, un maggiore ricorso al trasporto pubblico, un’attenzione a ridurre gli sprechi evitabili, possono nel loro insieme portare ad un vero e proprio cambiamento collettivo. Per questo è necessario che tutti siano messi nella condizione di poter fare scelte consapevoli.
Come educare? Le diverse iniziative
Sono ormai numerosi gli enti pubblici e privati, le aziende, associazioni ed enti di formazione ad offrire strumenti, sia reperibili online gratuitamente, che attraverso corsi specifici, sui temi dell’educazione energetica e ambientale. Può però essere difficile sia valutare l’attendibilità e l’imparzialità di tali fonti per il privato cittadino, che sviluppare l’interesse per informarsi attraverso una libera iniziativa. A queste opportunità che richiedono quindi la volontà già a monte di informarsi, si stanno via via sommando altre forme di formazione e informazione rivolta ai cittadini.
Da un lato l’Unione Europea, e i singoli stati membri, stanno ormai da anni mettendo a punto corsi specifici di educazione energetica per le scuole di ogni ordine e grado, con l’obiettivo di formare i cittadini di domani, ma anche di essere in grado di raggiungere attraverso l’educazione impartita a scuola anche le famiglie e la società civile in generale. Questi corsi, oltre a fornire conoscenze generali sulle diverse forme di energia, sono pensati con l’obiettivo di modificare alcuni comportamenti verso una maggiore consapevolezza ed efficienza nell’utilizzo delle fonti di energia. I sistemi didattici utilizzati si basano prevalentemente sull’insegnamento-apprendimento, e utilizzano modelli pedagogici e psicologici. Due strumenti particolarmente rilevanti sono quelli dell’”apprendimento per progetti”, mediante il quale i ragazzi analizzando la situazione sono in grado di fornire risposte e soluzioni elaborate autonomamente; e il metodo psicologico di “pedagogia dell’impegno”, in cui si stimola il soggetto ad assumere responsabilità attraverso una sufficiente conoscenza degli argomenti, così da poter modificare i comportamenti autonomamente (DG Energia e Trasporti, Commissione Europea 2006)[1].
Ma oltre a bambini e ragazzi, che sicuramente avranno in futuro la capacità di assumere decisioni consapevoli rispetto ai comportamenti energetici, la necessità di una transizione energetica in tempi brevi richiede un impegno e maggiore consapevolezza prima di tutto da parte dei consumatori di oggi. L’educazione lungo tutto l’arco della vita, lifelong learning, è un tema di particolare importanza per l’Unione Europea, e viene riconosciuto nella riflessione pedagogica come fattore centrale per la possibilità di una transizione ad un mondo più sostenibile e giusto, che parta dal riconoscere la responsabilità di ogni individuo verso la Terra che abitiamo (Malavasi 2010). Ma l’apprendere per tutta la vita può prendere forme diverse, e proprio per questo motivo si stanno sviluppando alcune iniziative, sia a livello europeo, che nazionale e locale, volte a formare e informare i cittadini, mettendoli nella condizione di effettuare scelte consapevoli. Un esempio di particolare rilievo riguardo l’efficienza energetica degli elettrodomestici, attraverso lo strumento comunitario dell’Energy Label.
Energy Label
La legislazione dell'UE in materia di etichettatura energetica ed ecodesign vuole contribuire a migliorare l'efficienza energetica dei prodotti sul mercato dell'UE e a informare i cittadini nel momento della scelta dei prodotti. L’ecodesign stabilisce norme minime a livello europeo per eliminare dal mercato i prodotti meno performanti. Le etichette energetiche (Energy Label) forniscono un'indicazione ai consumatori circa l’efficienzaenergetica dei prodotti che devono acquistare. Queste iniziative, nel loro insieme, dovrebbero contribuire a farrisparmiare sulle bollette energetiche e a ridurre le emissioni di gas serra in tutta l'UE. Si stima che la legislazione UE sull’Energy Label consentirà un risparmio energetico di circa 230 Mtep (milioni di tonnellate equivalenti di petrolio) entro il 2030. Per i consumatori ciò equivale ad un risparmio medio in bolletta fino a 285 euro all'anno. Inoltre, le misure di efficienza energetica creeranno entrate supplementari pari a 66 miliardi di euro per le imprese europee (https://ec.europa.eu/info/energy-climate-change-environment/standards-tools-and-labels/products-labelling-rules-and-requirements/energy-label-and-ecodesign/about_it).
Le etichette energetiche sono state introdotte per la prima volta nel 1994, ampliate nel 2004 e aggiornate a partire dal 2021 per una quantità sempre crescente di elettrodomestici. Queste etichette presentano una serie di informazioni relative ai consumi energetici degli elettrodomestici, incentivando da un lato i produttori a sviluppare prodotti che si pongano nelle categorie sempre più alte, e al tempo stesso dando ai consumatori la possibilità di orientare le proprie scelte d’acquisto verso prodotti che, presentando performance migliori e maggiore efficienza energetica, permettano già nel medio termine di risparmiare sulla bolletta elettrica. Di seguito un esempio delle nuove Energy Label, riscalate nel 2021 in base alle nuove e maggiori performance degli elettrodomestici di nuova generazione[2].

RePowerEU e l’impegno richiesto ai cittadini: Educare per risparmiare
Ma se fino ad oggi la transizione ecologica ed energetica sono state viste come un obiettivo a medio-lungo termine, l’attuale crisi geopolitica scatenata dall’invasione russa in Ucraina mette sul tavolo in modo dirompente il tema della sicurezza energetica, una questione che rischia di compromettere la possibilità di fruire di energia per il riscaldamento, gli elettrodomestici e i trasporti, da parte di tutti i cittadini europei già nei prossimi mesi. Per questo motivo l’Unione Europea ha varato lo scorso maggio un piano ambizioso per ridurre la dipendenza energetica dai combustibili fossili russi, “REPowerEU: energia sicura, sostenibile e a prezzi accessibili per l’Europa”. Questo piano si basa principalmente su tre pilastri: diversificare le fonti di approvvigionamento; risparmiare sui consumi; accelerare la transizione verso l’energia pulita. Soprattutto il secondo pilastro, risparmiare energia, prevede una componente molto attiva da parte dei cittadini, che attraverso i loro comportamenti possono veramente fare la differenza. Soprattutto in questo ambito, la Commissione prevede di collaborare con organismi internazionali e nazionali al fine di sostenere “i cittadini con informazioni mirate per consentire loro di effettuare scelte informate e acquisti efficienti sotto il profilo energetico” (https://ec.europa.eu/info/strategy/priorities-2019-2024/european-green-deal/repowereu-affordable-secure-and-sustainable-energy-europe_it#risparmiare-energia), proprio attraverso forme di formazione e informazione che si stanno via via delineando. Un esempio ne è il REPowerEU: Energy savings and energy efficiency factsheet della Commissione Europea (https://ec.europa.eu/commission/presscorner/detail/en/fs_22_3137).
Bibliografia di riferimento
DG Energia e Trasporti, Commissione Europea (2006). Educazione all’energia. Insegnare ai futuri consumatori di energia. Lussemburgo: Ufficio delle pubblicazioni ufficiali delle Comunità europee.
Gallerani, M., Birbes, C. (a cura di) (2020). L’abitare come progetto, cura e responsabilità. Aspetti epistemologici e progettuali. Bergamo: Zeroseiup.
Malavasi, P. (2008). Pedagogia verde. Educare tra ecologia dell’ambiente ed ecologia umana. Torino: La Scuola.
Malavasi, P. (a cura di)(2010). Progettazione educativa sostenibile. La pedagogia dell’ambiente per lo sviluppo umano integrale. Milano: EDUCatt.
[1] Sui temi, le metodologie e gli strumenti per l’educazione ambientale e alla sostenibilità, si veda in particolare: Malavasi, P. (2008). Pedagogia verde. Educare tra ecologia dell’ambiente ed ecologia umana. Torino: La Scuola; Gallerani, M., Birbes, C. (a cura di) (2020). L’abitare come progetto, cura e responsabilità. Aspetti epistemologici e progettuali. Bergamo: Zeroseiup.
[2] Si veda: European Commission Fact Sheet (2019). New Energy Efficiency Labels Explained. Brussels, https://ec.europa.eu/commission/presscorner/detail/en/MEMO_19_1596
Energy Transition, di Caterina Bracchi
Introduzione: Cambiamenti climatici e riduzione delle emissioni
Almeno a partire dalla Conferenza delle Nazioni Unite sull'ambiente e lo sviluppo tenutasi a Rio de Janeiro nel 1992, la comunità internazionale ha sviluppato un consenso sulla minaccia rappresentata dai cambiamenti climatici per la società umana e gli ecosistemi naturali. A questo consenso non c'è dubbio che il primo rapporto pubblicato nel 1990 dall'IPCC (Gruppo intergovernativo di esperti sul cambiamento climatico – il principale organismo internazionale per la valutazione dei cambiamenti climatici) abbia fortemente contribuito. Dagli anni '90 del secolo scorso le cose sono cambiate rapidamente, sia dal punto di vista ambientale che socio-politico. Diversi studi hanno ormai dimostrato in modo inconfutabile come il cambiamento climatico, che si esprime in un aumento delle temperature medie globali con diverse conseguenze sul sistema climatico della Terra, sia da imputare principalmente alle attività antropiche, soprattutto a partire dalla rivoluzione industriale che ha comportato un innalzamento delle concentrazioni di anidride carbonica (CO2) e altri gas serra nell’atmosfera.
Iniziative più recenti e influenti a livello globale, riaffermano con maggiore enfasi la minaccia rappresentata dai cambiamenti climatici, e la necessità, non più posticipabile, di affrontarli attraverso strategie di mitigazione e adattamento. Tra queste iniziative, forse la più importante dal punto di vista dell’energia è da considerare l'Accordo di Parigi dell'UNFCC (2015), un impegno internazionale che mira a limitare l'aumento della temperatura media globale in questo secolo ben al di sotto dei 2°C rispetto ai livelli preindustriali, e possibilmente entro 1,5°C. Perché ciò sia possibile, è necessario un impegno globale volto a ridurre in modo drastico le emissioni di gas climalteranti, come l’anidride carbonica e il metano, attraverso strategie definite di mitigazione. Il 75% delle emissioni a livello globale di gas serra è da attribuire al settore dell’energia, che si basa ancora oggi per l’80% sull’utilizzo di fonti fossili, quali petrolio, carbone e gas naturale (Tagliapietra 2020). Le fonti fossili sono quindi il principale fattore che influenza il cambiamento climatico. Da questi dati non è difficile capire perché il tema dell’energia sia considerato il perno centrale della lotta ai cambiamenti climatici, e che la strategia inevitabile sia quella di una transizione dalle fonti fossili a fonti di energia rinnovabili.
Mitigazione: Fonti fossili e fonti rinnovabili
Esistono due strategie principali per rispondere al cambiamento climatico: mitigazione, ovvero strategie volte a ridurre e contenere il cambiamento; e adattamento, strategie per adeguarsi agli inevitabili effetti di un clima che cambia. Le azioni volte a ridurre le concentrazioni di anidride carbonica nell’atmosfera fanno parte delle strategie di mitigazione, e tra queste un ruolo centrale ha la c.d. transizione energetica.
Per transizione energetica si intende il passaggio da un’economia basata sull’utilizzo di fonti fossili e non rinnovabili ad una basata sull’utilizzo di energia rinnovabile, aumentando l’elettrificazione dei consumi, e al contempo migliorando l’efficienza energetica, così da ridurre il più possibile l’immissione di CO2 da attività antropiche nell’atmosfera. In breve, si tratta di decarbonizzare l’economia il più possibile, nel minor tempo possibile, ovvero disaccopiare la crescita economica dall’intensità di utilizzo di energia. In base al ruolo centrale dell’energia per le emissioni di gas serra, centrale per la decarbonizzazione è la transizione a fonti di energia più sostenibili e meno inquinanti.
Tra le fonti di energia rinnovabili ormai conosciute e sempre più utilizzate, anche in base alla disponibilità di queste fonti nei diversi paesi, si possono individuare:
- energia solare, che si basa sull’utilizzo dell’energia del sole per produrre elettricità;
- energia eolica, che sfrutta la potenza del vento;
- energia idroelettrica, attraverso l’uso dell’energia prodotta dall’acqua;
- bioenergia, derivata da biomasse quali legno, rifiuti animali e solidi urbani, biocarburanti e biogas;
- energia geotermica, che utilizza il calore della Terra;
- energia oceanica, che sfrutta l’energia prodotta dal moto ondoso e dalle maree.
L’appellativo di energie rinnovabili deriva dal fatto che esse sfruttano energia derivante da processi naturali che si rinnovano e rigenerano continuamente, e che non si esauriscono come invece i combustibili fossili. Soprattutto, trattandosi di processi che avvengono naturalmente, e che non prevedono combustione, il rilascio di CO2 derivante dalla produzione di questo tipo di energia è minimo.
Se storicamente, prima della scoperta dei combustibili fossili, queste fonti di energia venivano già ampiamente utilizzate, è soprattutto a partire dall’inizio degli anni 2000 che si può notare un nuovo incremento nell’utilizzo delle fonti rinnovabili, dovuto ad un mix di efficientamento nella tecnologia, con una conseguente riduzione dei costi, e ad una serie di policy governative che mirano ad incentivare l’utilizzo di queste fonti rispetto alle fossili. Si pensi che negli ultimi 10 anni il costo dell’eolico (livellato, cioè che indica il prezzo dell’energia in base al costo della sua produzione) è diminuito del 70%, e addirittura del 90% quello del solare-fotovoltaico (Tagliapietra 2020).

Figura 1: Costo dell'elettricità generata da diverse fonti 2009-2018. Fonte: Tagliapietra 2020.
Oltre all’impegno in risposta ai cambiamenti climatici derivante dall’Accordo di Parigi, le politiche governative di diversi paesi negli ultimi anni hanno cercato di incentivare sempre più le energie rinnovabili anche per ridurre l’inquinamento atmosferico, promuovere politiche industriali rivolte a tecnologie più sostenibili, e non da ultimo garantire la sicurezza energetica – tema che negli ultimi mesi si è fatto largo nei dibattito pubblico in conseguenza dell’invasione russa dell’Ucraina. Vale la pena vedere nel dettaglio come l’Unione Europea, e il nostro paese, si stiano muovendo in questa direzione.
Quali strategie e policy? European Green Deal, PNRR, RePowerEU
L’IPCC ci dice con sempre maggiore enfasi che ci rimane poco tempo per poter arginare (e quindi mitigare) gli effetti dei cambiamenti climatici, ponendo il 2050 come riferimento per la neutralità climatica, ovvero zero emissioni nette di gas a effetto serra – cambiamenti climatici che comunque sono ormai in atto, e le cui conseguenze si protrarranno per i prossimi secoli. Per poter quindi attuare una transizione energetica efficace è indispensabile l’intervento di politiche governative, atte a favorire la diffusione delle energie rinnovabili nei diversi settori, e al contempo ridurre la dipendenza da fonti fossili. In questo campo l’Unione Europea ha sicuramente giocato un ruolo fondamentale a livello globale negli ultimi anni, detenendo il primato mondiale per le sovvenzioni al settore dell’elettricità ottenuta da fonti rinnovabili. Ma oltre al passaggio a energie rinnovabili, la transizione necessita di un contemporaneo aumento dell’efficienza energetica, ovvero la riduzione della quantità di unità di energia necessaria per produrre ricchezza. Anche in questo caso, si tratta di interventi infrastrutturali che necessitano del ruolo del settore pubblico per incentivare investimenti, sia nella ricerca di soluzioni a più basso consumo, che nell’efficientamento del patrimonio tecnologico, industriale ma anche, e soprattutto, immobiliare dei singoli cittadini, per far sì che tutti possano dotarsi degli strumenti per ridurre i consumi energetici. In questo, anche l’educazione energetica gioca un ruolo fondamentale.
La Commissione Europea presieduta da Ursula von der Leyen ha adottato nel 2019 il Green Deal europeo, un piano che prevede di raggiungere la neutralità climatica sul continente europeo entro il 2050, attraverso ambiziose azioni di riduzione delle emissioni, a partire dal settore energetico. Azioni che non si limitano alle politiche energetiche, ma che anzi riguardano tutte le sfere della politica europea, e di conseguenza nazionali dei singoli stati membri, per facilitare il processo di transizione ad un’economia verde e al contempo equa. In questo quadro si pongono poi gli aiuti varati in risposta alla pandemia attraverso il NextGenerationEU (2020), che sono diventati un volano per spingere ulteriormente la transizione, attraverso finanziamenti senza precedenti agli stati membri. In Italia ciò si è tradotto nell’adozione del PNRR – Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (2021), in cui si delinea la strategia italiana per la transizione ecologica ed energetica, a partire dalla Missione 2 “Rivoluzione verde e transizione ecologica”, soprattutto nella sua Componente 2 “Energia rinnovabile, idrogeno, rete e mobilità sostenibile”. Ultimo, solo cronologicamente, è il piano strategico RePowerEU (2022), in risposta alla crisi geopolitica scatenata dall’invasione russa in Ucraina, attraverso cui l’Unione Europea vuole spingere ulteriormente verso la sicurezza energetica – messa a rischio dalle sanzioni alla Russia –, attraverso la diversificazione delle fonti di approvvigionamento energetico e un’ulteriore accelerazione nel settore delle energie rinnovabili.
Bibliografia di riferimento
European Commission (2019). COM/2019/640 final. COMMUNICATION FROM THE COMMISSION TO THE EUROPEAN PARLIAMENT, THE EUROPEAN COUNCIL, THE COUNCIL, THE EUROPEAN ECONOMIC AND SOCIAL COMMITTEE AND THE COMMITTEE OF THE REGIONS The European Green Deal.
European Commission (2020). COM/2020/442 final. COMMUNICATION FROM THE COMMISSION TO THE EUROPEAN PARLIAMENT, THE EUROPEAN COUNCIL, THE COUNCIL, THE EUROPEAN ECONOMIC AND SOCIAL COMMITTEE AND THE COMMITTEE OF THE REGIONS The EU budget powering the recovery plan for Europe.
European Commission (2022). COM/2022/230 final. COMMUNICATION FROM THE COMMISSION TO THE EUROPEAN PARLIAMENT, THE EUROPEAN COUNCIL, THE COUNCIL, THE EUROPEAN ECONOMIC AND SOCIAL COMMITTEE AND THE COMMITTEE OF THE REGIONS REPowerEU Plan.
Governo Italiano (2021) PNRR. Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza.
Tagliapietra, S. (2020). L’energia del mondo. Geopolitica, sostenibilità, Green New Deal. Bologna: il Mulino.
Povertà Energetica, di Caterina Bracchi
Introduzione: Le nuove crisi energetiche
L’energia è alla base dello sviluppo delle società, tanto da essere considerata da molti studiosi in diversi ambiti di ricerca il fattore centrale che ne determina il grado di progresso (Magnani 2018). Le grandi rivoluzioni energetiche hanno portato nei secoli scorsi ad importanti balzi in avanti nell’evoluzione delle società umane. Fino ad arrivare all’introduzione dei combustibili fossili, carbone, gas e petrolio e loro derivati, che hanno permesso un ineguagliato progresso in tutti gli ambiti della vita umana, soprattutto a partire dal secolo scorso. Essi contribuiscono ancora oggi a circa l’80% dell’approvvigionamento energetico a livello mondiale. Ma a cosa serve tutta questa energia? Prima fra tutti all’industria, secondo per i trasporti e terzo per il settore residenziale (che rappresenta il 22% del consumo energetico totale) (Tagliapietra 2020).
Proprio questi due ultimi ambiti sono quelli che riguardano più da vicino i singoli cittadini, che necessitano di fonti energetiche per potersi spostare (sia con mezzi privati che pubblici), e soprattutto per assicurarsi di vivere in un ambiente salubre tra le mura domestiche – attraverso il riscaldamento, l’utilizzo degli elettrodomestici e la disponibilità di fonti di energia sicure per la preparazione e cottura dei cibi. Ma la possibilità di accesso a queste fonti primarie e necessarie di energia è oggi sempre meno scontata. Da un lato il cambiamento climatico impone l’enorme sfida globale di una transizione a fonti di energia più sostenibili – si vedano energie rinnovabili – in un tempo breve; dall’altro l’instabilità geopolitica del periodo storico sta mettendo sempre più al centro degli equilibri globali il tema dell’energia e delle fonti di approvvigionamento dei combustibili fossili. Non da ultimo, e anzi forse la questione più immediata per le famiglie, una crisi economica che, ad alti e bassi, e per diversi motivi, si protrae da lungo tempo, imponendo scelte drastiche nella gestione delle voci di spesa. È in questo contesto che si pone il tema, purtroppo sempre più sentito, della povertà energetica.
Definizioni e modelli interpretativi della povertà energetica
La povertà energetica è definita dalla Commissione Europea “Una situazione nella quale una famiglia o un individuo non sia in grado di pagare i servizi energetici primari (riscaldamento, raffreddamento, illuminazione, spostamento e corrente) necessari per garantire un tenore di vita dignitoso, a causa di una combinazione di basso reddito, spesa per l’energia elevata e bassa efficienza energetica nelle proprie case” (European Commission 2016). Quello che si pensa possa essere un fenomeno che riguarda soprattutto i paesi in via di sviluppo, dove l’infrastruttura nazionale può avere ancora grosse difficoltà a connettere alla rete energetica primaria tutte le case, in realtà è una questione globale. Solo in Europa si stima che 1 cittadino su 10 sia colpito da povertà energetica, o perché impossibilitato a riscaldare/raffreddare l’abitazione; o perché in difficoltà nel pagare le bollette; o perché non ha accesso ai mezzi di trasporto, pubblici o privati.
I fattori che provocano situazioni individuali e familiari di povertà energetica possono essere multipli, il che la rende un fenomeno particolarmente complesso da riconoscere, e di conseguenza da affrontare. Questi fattori possono essere dovuti al contesto, come l’area geografica, clima, infrastrutture disponibili, ma anche – e soprattutto in questo momento – la situazione geopolitica e le fonti di approvvigionamento nazionali; ma si può trattare anche di fattori individuali come l’età, lo stato di salute, la condizione lavorativa, o altri indicatori socio-economici. In generale, il concetto di povertà energetica è strettamente connesso a quello di vulnerabilità. Il modello sviluppato dall’Energy Poverty Advisory Hub della Commissione Europea sottolinea in particolare tre cause principali interrelate della povertà energetica: bassi livelli di reddito; scarsa efficienza energetica degli edifici; e alti prezzi dell’energia.
Così come le cause, anche gli effetti della povertà energetica possono variare ampiamente tra i soggetti colpiti. Principalmente si tratta di una stretta relazione con lo stato di salute, che può risentire di diverse problematiche legate alla povertà energetica, come tutte le patologie legate all’impossibilità di riscaldare e/o raffreddare adeguatamente la propria abitazione; ma si può trattare anche di patologie cardio-respiratorie legate, ad esempio, all’utilizzo di combustibili pericolosi utilizzati per cucinare. In particolare nei bambini si è inoltre notata una stretta correlazione tra povertà energetica e difficoltà ad accedere all’educazione, sia per uno stato di salute più instabile, che per la difficoltà a spostarsi verso i luoghi di istruzione.
Iniziative di policy
Il tema dell’energia e della transizione a fonti di energia rinnovabili è sempre più al centro del dibattitto internazionale. In particolare a partire dall’Accordo di Parigi del 2015, che prevede l’impegno dei paesi firmatari a ridurre drasticamente le emissioni di gas climalteranti entro il 2050, sempre più paesi stanno adottando iniziative volte alla transizione energetica per ridurre le emissioni. Tra queste, la Commissione Europea ha adottato nel 2019 lo European Green Deal, un pacchetto ambizioso volto alla decarbonizzazione dell’economia, con particolare riferimento al settore dell’energia, che rappresenta il 75% delle emissioni climalteranti dell’Unione Europea. Il tema della sicurezza energetica è strettamente collegato a quello della giustizia energetica, e quindi uno degli obiettivi principali è quello di assicurare energia pulita in modo equo, con un attenzione particolare ai 34 milioni di persone che soffrono di povertà energetica all’interno dell’Unione. L’emergenza sanitaria del Covid, con la conseguente crisi economica, non hanno fatto che esacerbare una situazione già difficile per molte famiglie, e anche in questo caso la Commissione ha deciso di intervenire con il pacchetto di aiuti NextGenerationEU, volto a finanziare e accelerare la transizione a fonti di energia sostenibile e giusta. Ancor più di recente, a causa dell’invasione russa dell’Ucraina, il tema della dipendenza energetica da fonti fossili acquistate dalla Russia ha messo in evidenza la necessità di garantire ai cittadini europei fonti energetiche sicure e pulite, per evitare di creare una situazione di generalizzata povertà energetica dovuta all’incontrollato aumento dei prezzi dei combustibili fossili. A tal fine la Commissione ha varato il piano “REPowerEU: Energia pulita, sostenibile e a prezzi accessibili per l’Europa” per rendere i paesi europei indipendenti dai combustibili fossili russi ben prima del 2030, stabilendo una serie di misure per ridurre rapidamente la dipendenza dai combustibili fossili russi e accelerare la transizione verde, aumentando nel contempo la resilienza del sistema energetico dell'UE (https://ec.europa.eu/info/strategy/priorities-2019-2024/european-green-deal/repowereu-affordable-secure-and-sustainable-energy-europe_it).
In questo quadro è stato poi istituito, in particolare sul tema della povertà energetica, lo EU Energy Poverty Observatory, uno strumento il cui obiettivo è informare ed educare ai temi della povertà energetica, con un’attenzione particolare agli amministratori locali, quali soggetti che più direttamente possono riconoscere e agire direttamente sul tema. Questa iniziativa dell’Unione ha lo scopo di eradicare la povertà energetica, accelerando la just transition nei governi locali (https://energy-poverty.ec.europa.eu/about-us_en). La Commissione europea ha poi emesso la Raccomandazione 2020/1563 del 14 ottobre 2020 sulla povertà energetica, proponendo azioni per gli Stati membri per alleviare la povertà energetica, nonché la proposta di raccomandazione da parte del Consiglio COM(2021) 801 del 14 dicembre 2021 sull'assicurare un'equa transizione verso la neutralità climatica, nell’ambito del pacchetto “Realizzare il Green Deal Europeo” presentato a luglio 2021. La Commissione ha inoltre già adottato una comunicazione sulla lotta all'aumento dei prezzi dell'energia, che mette in evidenza gli elementi chiave per mitigare la povertà energetica e affrontare l'impatto immediato dei recenti aumenti dei prezzi.
Bibliografia di riferimento
Energy Poverty Advisory Hub (2022). Introduction to the Energy Poverty Advisory Hub (EPAH) Handbooks: A Guide to Understanding and Addressing Energy Poverty. Brussels: European Commission.
European Commission (2016). 8th Meeting of the Citizens’ Energy Forum. London
European Commission (2019). COM/2019/640 final. COMMUNICATION FROM THE COMMISSION TO THE EUROPEAN PARLIAMENT, THE EUROPEAN COUNCIL, THE COUNCIL, THE EUROPEAN ECONOMIC AND SOCIAL COMMITTEE AND THE COMMITTEE OF THE REGIONS The European Green Deal.
European Commission (2020). RACCOMANDAZIONE (UE) 2020/1563 DELLA COMMISSIONE del 14 ottobre 2020 sulla povertà energetica.
European Commission (2021). COM/2021/801 final. Proposal for a COUNCIL RECOMMENDATION on ensuring a fair transition towards climate neutrality.
Magnani, N. (2018). Transizione energetica e società. Temi e prospettive di analisi sociologica. Milano:FrancoAngeli.
Tagliapietra, S. (2020). L’energia del mondo. Geopolitica, sostenibilità, Green New Deal. Bologna: il Mulino.
SDG 7: Energia pulita e accessibile. Assicurare a tutti l'accesso a sistemi di energia economici, affidabili, sostenibili e moderni, di Caterina Bracchi
Agenda 2030 per un futuro più sostenibile per tutti
L'Agenda 2030 per lo Sviluppo Sostenibile – sottoscritta nel settembre 2015 da 193 Paesi membri dell'ONU – comprende 17 Sustainable Development Goals (SDGs) da realizzarsi entro il 2030. Pone come primo l'obiettivo di "porre fine ad ogni forma di povertà nel mondo", sottolineando la necessità di "rinforzare la resilienza dei poveri e di coloro che si trovano in situazioni di vulnerabilità e ridurre la loro esposizione ad eventi climatici estremi, catastrofi e shock economici, sociali e ambientali" (ONU, 2015). L'Agenda declina altri 16 obiettivi nevralgici di sviluppo sostenibile, tutti connessi all'obiettivo primario, in quanto impattanti sulle condizioni di vita di persone e comunità. "Le interconnessioni degli Obiettivi dello Sviluppo Sostenibile sono di importanza cruciale nell'assicurare che lo scopo della nuova Agenda venga realizzato. Se noi realizzeremo le nostre ambizioni abbracciando l'intera Agenda, le vite di tutti verranno profondamente migliorate e il nostro mondo sarà trasformato al meglio" (United Nations 2015).
Il Goal 7 e i suoi Target
L'energia è un elemento fondamentale per la vita di ogni persona, ma anche per lo sviluppo e la crescita di ogni società nel suo insieme. L'approvvigionamento energetico è al centro dei più grandi dibattiti di oggi, e implementare dei sistemi di produzione di energia sostenibili è una delle più grandi sfide che non possono essere perse, perché da essa dipendono tutte le sfere del vivere: lavoro, sicurezza, alimentazione. Il settore energetico è inoltre il principale responsabile dei cambiamenti climatici, provocando circa il 75% delle emissioni di gas serra globali. Per questo obiettivo, i dati sembrano incoraggianti: nel mondo, 9 persone su 10 hanno accesso ad una fonte di elettricità e la quota di energia elettrica globale prodotta da fonti rinnovabili è del 17,5%. Resta il fatto che 3 miliardi di persone non hanno accesso a combustibili puliti per la cucina, aumentando così i rischi per la salute.
Ogni SDG viene declinato all’interno dell’Agenda in target specifici da raggiungere a livello globale entro il 2030, da cui i diversi paesi hanno sviluppato indicatori specifici per poterne monitorare l’avanzamento. Per quanto riguarda il Goal 7, i target sono 5, che vengono monitorati attraverso l’utilizzo di alcuni indicatori statistici, che possono differire da paese a paese, come vedremo nel dettaglio di seguito.
Target
7.1 Entro il 2030, garantire l'accesso universale ai servizi energetici a prezzi accessibili, affidabili e moderni;
7.2 Entro il 2030, aumentare notevolmente la quota di energie rinnovabili nel mix energetico globale;
7.3 Entro il 2030, raddoppiare il tasso globale di miglioramento dell'efficienza energetica;
7.a Entro il 2030, rafforzare la cooperazione internazionale per facilitare l'accesso alla tecnologia e alla ricerca di energia pulita, comprese le energie rinnovabili, all'efficienza energetica e alla tecnologia avanzata e alla più pulita tecnologia derivante dai combustibili fossili, e promuovere gli investimenti nelle infrastrutture energetiche e nelle tecnologie per l'energia pulita;
7.b Entro il 2030, espandere l'infrastruttura e aggiornare la tecnologia per la fornitura di servizi energetici moderni e sostenibili per tutti i paesi in via di sviluppo, in particolare per i paesi meno sviluppati, i piccoli Stati insulari, e per i paesi in via di sviluppo senza sbocco sul mare, in accordo con i loro rispettivi programmi di sostegno.
Stato di avanzamento: Europa e Italia
“Ridurre il consumo totale di energia e utilizzare le energie rinnovabili, garantendo nel contempo la sicurezza dell'approvvigionamento, la competitività e l'accesso a energia a prezzi accessibili per tutti i suoi cittadini, sono alcuni dei modi in cui l'UE può contribuire al raggiungimento dell’SDG 7. […] Una maggiore efficienza energetica e uno spostamento verso la produzione di energia rinnovabile sono fondamentali per l'UE, soprattutto alla luce della crisi climatica” (Eurostat 2022, p. 129, traduzione dell’autore). Il monitoraggio del Goal 7 implica analizzare gli sviluppi in tema di consumi, approvvigionamento e accesso a energia pulita e accessibile. In tutti e tre questi ambiti, a livello europeo, negli ultimi anni si è assistito ad un miglioramento, con il maggior successo per quanto riguarda i consumi, che riducendosi progressivamente negli ultimi anni hanno permesso all’UE di raggiungere i propri obiettivi al 2020, soprattutto grazie al miglioramento nella tecnologia e agli sforzi in tema di efficienza energetica.

Figure 1 Consumo di energia primaria e finale in Europa, fonte: Eurostat (2022), p. 138.
Nel dettaglio, se da un lato l’utilizzo dell’energia da parte dei cittadini è rimasto abbastanza stabile – e ciò anche a fronte di un aumento della popolazione di circa 12 milioni, che grazie ad una maggiore efficienza non ha provocato un aumento nei consumi nel periodo a partire dal 2005 –, dall’altro è aumentata la produttività energetica – ovvero la quota di PIL prodotto per unità di energia utilizzata, dimostrando la possibilità di disaccopiare la crescita economica dalla crescita nei consumi energetici. Dal punto di vista dell’approvvigionamento, l’obiettivo dell’UE è di raggiungere il 32% di energia prodotta da fonti rinnovabili entro il 2030, e i dati sono incoraggianti. Se, infatti, nel 2005 la quota di energia da fonti rinnovabili era del 10,2%, nel 2020 questa era del 22,1%, lasciando ben sperare per il raggiungimento dell’obiettivo, anche se tuttora la quota di energia da fonti fossili, e quindi di dipendenza da stati esteri come la Russia, è ancora del 57,5%. Infine, il tema dell’accesso a energia pulita e accessibile è forse quello che richiede maggiore attenzione, anche alla luce del tema della povertà energetica. Se, infatti, fino al 2019 i dati erano in costante diminuzione fino a raggiungere il 6,9%, con la pandemia la quota di persone che non è in grado di riscaldare adeguatamente la propria abitazione è tornata a salire all’8,2%. Attualmente, con la crisi geopolitica dell’invasione russa in Ucraina, i dati potrebbero ulteriormente peggiorare.
E in Italia? L’Istat elabora annualmente un Rapporto di monitoraggio degli SDGs, e per il Goal 7 nel rapporto 2021 vengono impiegati 12 indicatori, divisi tra i vari target. Essi si riferiscono a diverse misure, come la soddisfazione per il servizio elettrico delle famiglie, la povertà energetica delle famiglie, i consumi di energia, e da quali fonti, l’intensità energetica di diversi settori economici, ecc… Anche nel caso italiano, i dati riguardanti il Goal 7 sono abbastanza incoraggianti, con indicatori in miglioramento e sulla giusta traiettoria verso gli obiettivi al 2030 soprattutto per quanto riguarda l’efficienza dei settori produttivi e della produzione di energia da fonti rinnovabili. Soprattutto negli ultimi anni, anche a seguito delle politiche nazionali e internazionali, la quota di produzione di energia da fonti rinnovabili è in aumento, per il 2019 pari al 18,2%. Anche l’intensità energetica, come per l’Europa, è in miglioramento, con una diminuzione tra il 2009 e il 2019 del -10%, soprattutto grazie al settore industriale, che mostra per lo stesso periodo una diminuzione del 17%.

Figure 2 Dati sulla povertà energetica, fonte: Istat (2021), p. 68, su elaborazione di dati Eurostat.
Come si evince dalla Figura 2, più problematica è invece la situazione a livello di cittadini, soprattutto rispetto alla media europea. In Italia nel 2019 (e quindi anche prima della pandemia e della attuale crisi geopolitica che ha portato ad un ulteriore aumento dei prezzi dell’energia) l’11,1% della popolazione dichiarava di non essere in grado di riscaldare adeguatamente la propria abitazione. Questo è certamente il dato più preoccupante, e che non solo rischia di compromettere il raggiungimento del Goal 7, ma soprattutto che rischia di compromettere la possibilità di una vita sana per le famiglie italiane. Da questo dato, inoltre, è immediato rendersi conto dell’importanza di porre grande attenzione al tema della transizione energetica in chiave di equità e giustizia, e quindi di affrontare con impegno il tema della povertà energetica, tema che colpisce sempre più famiglie, con conseguenze alle volte inaspettate.
Bibliografia di riferimento
Eurostat (2022). Sustainable development in the European Union. Monitoring report on progress towards the SDGs in an EU context, 2022 edition. Luxembourg: Publications Office of the European Union.
Istat (2021). Rapporto SDGs 2021. Informazioni statistiche per l’Agenda 2030 in Italia. Roma: Istituto Nazionale di Statistica.
United Nations (2015). A/RES/70/1. Transforming our World: The 2030 Agenda for Sustainable Development.